Il mondo in un autobus
Molte delle persone che incontriamo noi controllori sui mezzi pubblici parlano una lingua diversa dall’italiano, appartengono ad etnie non originarie dell’Europa, professano una religione differente da quella della maggioranza di chi è nato in Italia. Del resto, è lo stesso anche una volta scesi dall’autobus, nella vita quotidiana delle nostre città (non solo di quelle più grandi): lo vediamo girando per strada, facendo la spesa nei centri commerciali, andando a prendere i figli all’uscita di scuola. Sono gli effetti del mondo globalizzato, dicono gli esperti, ed è bene – oltre che necessario – imparare a farci l’abitudine ed attrezzarsi, per quanto possibile.
Lingue diverse, razze diverse, religioni diverse, culture diverse: spesso, peraltro, tutte queste differenze convivono nella stessa persona, ed ecco che riuscire a fare il nostro lavoro può diventare complicato. Perché a volte basta una parola, uno sguardo, un gesto o il tono della voce per creare malintesi, equivoci, problemi. Qualche esempio? In quasi tutti i paesi e le culture del mondo muovere la testa in su e in giù significa dire “sì”, mentre se la muoviamo da destra a sinistra e viceversa intendiamo dire “no”.
In India, invece, è esattamente il contrario. Ma è così anche in diverse zone balcaniche ed in gran parte della Turchia (attenzione: non in tutta la Turchia, tanto per aumentare la complessità). Ancora: unire pollice ed indice come a formare un anello e sollevare le altre dita della mano per noi significa “ok”. Nella cultura russa, invece, il significato è quello di una pesante offesa. Neanche il classico gesto del pollice alzato è esente da fraintendimenti: nella nostra cultura è un segno di valore positivo fin dai tempi degli antichi Romani (chiedere ai gladiatori del Colosseo per conferma…), ed è così anche nei paesi anglosassoni e nella cultura occidentale in genere. In Nigeria, invece, può causarvi molti guai dal momento che corrisponde al nostro gesto del dito medio.
Se oltre ai gesti del corpo – così cari a noi italiani – ci mettiamo anche i fraintendimenti linguistici ecco che la giornata-tipo di noi verificatori può diventare tutt’altro che semplice. Perché sui bus e sui treni è normale imbattersi in indiani, turchi, russi, nigeriani e mille altre nazionalità e culture: anche se agiamo in buona fede e cerchiamo di essere sempre cortesi e rispettosi degli utenti, basta un niente per trovarci nostro malgrado a dover gestire situazioni potenzialmente critiche.
La soluzione? Essere preparati, seguire un’accurata attività di formazione in cui apprendere a valutare efficacemente le diverse situazioni in cui ci troviamo ad operare, per riuscire a gestirle positivamente. Noi di Holacheck, ad esempio, prima di iniziare a lavorare siamo tenuti a seguire corsi specifici sulle tecniche di comunicazione verbale e non verbale, nonché a conoscere almeno una lingua straniera. E l’aggiornamento continua ad intervalli regolari durante il periodo lavorativo, perché come dice il proverbio “non si finisce mai di imparare”.
Attenzione: il nostro lavoro non consiste nel fare gli interpreti o i mediatori culturali. Noi facciamo i controlli su biglietti ed abbonamenti. Credo, però, che non sia possibile fare il controllore (almeno: farlo bene) se non si è disposti a fare ogni giorno qualcosa che possa migliorare l’approccio all’utenza. E’ un percorso di crescita personale continua, perchè ogni giorno sull’autobus sale il mondo intero. E noi dobbiamo saper affrontarlo al meglio.